Dopo il rilascio della seconda parte della rubrica Into the Analysis ho notato la presenza di un paio di fraintendimenti da parte di diverse persone sui miei social. Seppur all’inizio fossi convinto che questa situazione fosse stata causata da una lettura poco attenta da parte del lettore, la diversa mole di commenti che esponevano gli stessi dubbi mi ha convinto ad assumermi le mie responsabilità e a cercare di fare chiarezza su alcuni specifici punti che avrei potuto (e dovuto) sicuramente trattare più a fondo nell’articolo.
Prenderò spunto dalle vostre osservazione sia per fare i dovuti chiarimenti che per approfondire un po’ di più il mio pensiero.
“Secondo il tuo punto di vista quella da te menzionata non è una recensione”
Nella mia visione delle cose la recensione da me menzionata nella seconda parte della rubtica può essere considerata tale perché, proprio come le recensioni di Madame de Sablé, riesce a fornire allo spettatore un’idea chiara sulla pellicola pur non entrando nei particolari.
Come ho già spiegato (probabilmente in modo poco chiaro), questo “stile di recensione alla Madame de Sablé” è poco comune ed è esclusivo di quelle persone che davvero sanno cosa stanno dicendo.
Fornire una visione esaustiva di un’opera senza generalizzare è un lavoro fuori dalla portata della maggior parte dei creators ed è il risultato di un profondo e prolungato studio che viene inoltre accompagnato da un’ottima abilità di stesura dei testi e da un occhio allenato a notare i dettagli.
Ma dato che nell’articolo mi rivolgo alle persone che NON hanno queste competenze (e che scrivono comunque perché internet ha dato loro la possibilità di farlo) allora diventa necessario entrare nel dettaglio e chiarire a che cosa si fa riferimento nel momento in cui si dice, ad esempio, che “quest’anime è arte“, considerazione che una persona esperta non farebbe mai in modo così vago sul proprio sito o piattaforma di pubblicazione.
Le due conseguenze della necessità di entrare nel dettaglio da me identificate sono, appunto, soltanto conseguenze, e diventano innecessarie quando un testo riesce ad adempiere a prescindere a quello che io ritengo il suo obbiettivo: far capire al lettore che cosa sta vedendo in modo chiaro.
La maggior parte dei lettori (probabilmente a causa mia) hanno frainteso le mie parole ed estremizzato la prima parte del messaggio in cui affermo che una recensione non può essere tale se non entra nel dettaglio, pensando che intendessi che se una recensione trascura un qualsiasi dettaglio allora non possa essere definita tale, e ignorato completamente la parte in cui affermo che è possibile entrare nel dettaglio senza fare spoiler, ma che bisogna sapere come farlo.
Questo pensiero che (purtroppo) ho involontariamente trasmesso è assurdo in quanto richiederebbe letteralmente delle linee guida da seguire per poter definire un testo “recensione”, o addirittura una figura esterna atta a valutare l’impeccabilità del giudizio; uno scenario impensabile e alquanto ridicolo.
Ciò che intendevo dire è semplicemente che è necessario specificare le proprie affermazioni abbastanza da fornire un’idea chiara (seppur sempre approfondibile e scomponibile) al lettore di ciò che sta per vedere o che ha visto, nulla di più nè di meno. Se poi lo si fa facendo spoiler -in quanto non si hanno le capacità di descrivere un’opera in modo dettagliato in altri modi- o senza spoiler -in quanto si posseggono queste capacità e ci si vuole dirigere a coloro che non l’hanno vista- non fa differenza.
Nel caso poi si voglia approfondire ancora meglio.
Per fornirvi un’idea di ciò che sto affermando supponiamo l’esistenza di due lettori: lettore A e lettore B.
Entrambi i lettori hanno preso la decisione di andare a vedere Kimi no Suizō o Tabetai al cinema, ma mentre il lettore A ci andrà perché convinto dalla recensione di Tizio a caso, nella quale ha letto che “i personaggi sono poco approfonditi”, lettore B ci andrà perché convinto grazie alla recensione già citata in precedenza nella rubrica.
Mentre lo spettatore A finirà al cinema senza in realtà aver capito esattamente cosa rende i personaggi poco approfonditi, lo spettatore B arriverà al cinema consapevole di vedere un’opera che tratterà tanti temi diversi a scapito del loro stesso approfondimento.
Lo spettatore B avrà scelto di andarci consapevole di ciò che sta per guardare e sarà meno propenso ad inferocirsi una volta verificata la veridicità delle affermazioni della recensione, in quanto ha scelto di andarci perché convinto che questi errori non gli rovineranno la visione.
Lo spettatore A, invece, sarà travolto da uno (o più di uno) dei tanti motivi per cui un personaggio può essere poco approfondito, nel peggiore dei casi proprio da quello che meno sopporta di vedere in un film e che meno gli permette di tollerarne la visione.
Ripetiamo infine questo problema cambiando il soggetto dell’analisi delle due recensioni, passando quindi dai personaggi agli storyboard, e poi dagli storyboard alle animazioni ecc… fino ad arrivare a coprire tutti i possibili soggetti d’analisi fondamentali per comprendere un’opera d’animazione. Lo spettatore A verrà abbandonato nel perenne dubbio riguardo ciò che sta per vedere, mentre lo spettattore B saprà generalmente in che cosa si sta imbattendo.
Seppur entrambi gli articoli siano privi di spoiler, semplicemente uno ha fornito una visione chiara (seppur, ripeto, senza dubbio approfondibile) e l’altro no. Ergo per me uno ha fatto una recensione e l’altro no.
Affidarsi alla breve opinione dell’amico o alle due righe di recensione/trama che si trovano su internet, così come alle riassunte opinioni del blogger o YouTuber di turno, è di fatto una scommessa, e in quanto tale può rivelarsi azzeccata (proseguiamo con la visione) o no (abbandoniamo la visione).
Into the Analysis – parte 1
Sull’etimologia del termine come base del discorso
Alcune persone mi hanno fatto notare come utilizzare il significato più letterale della parola recensione come base del discorso, ignorando quindi il suo attuale significato, è un errore.
Eppure svariate volte nella rubrica ho menzionato la mia inconformità verso l’attuale significato della parola “recensione”, evidenziando quanto sia assurdo includere sotto lo stesso nome dei testi valutativi che abbiano come soggetto dell’analisi decine di prodotti differenti che hanno scopi completamente diversi.

Il fatto che un discorso nel quale cerco di mostrarvi come il concetto di recensione moderno sia tutto fuorché adatto a giudicare l’animazione si basi sul significato della parola che invece più la risalta e che meglio sprona il suo studio ed approfondimento vi sembra così sbagliato e contraddittorio?
Ma ciò detto, non ritengo affatto d’avero ignorato il significato contemporaneo del termine, ma anzi lo considero così interessante d’avergli dedicato ben tre articoli a riguardo.
Sul significato contemporaneo della parola “recensione”.
In alcuni DM mi è stato fatto notare che se applicassimo il mio rifiuto verso il nuovo significato della parola “recensione” anche al di fuori del contesto animazione dovremmo ritenere inaccettabile qualsiasi tentativo di proporre una visione diversa di un termine rispetto a quella che già conosciamo, e spiega chiaramente che l’evoluzione del significato di una parola non può far contenti tutti e che, data l’impossibilità di creare un termine perfetto ed inequivocabile, dobbiamo semplicemente accettare la sua evoluzione.
La chiave di lettura del mio articolo, però, non stà nel rifiutare ogni nuova interpretazione o qualsiasi nuovo significato attribuito ad una parola solo perché diverso dal suo significato originale, ma stà nell’analizzare l’impatto che questo suo cambiamento ha avuto su ciò che si è sempre rispecchiato nella sua definizione.
Se questo impatto è nocivo e deleterio per ciò che rappresenta (a causa dei motivi che vi ho elencato nella rubrica) allora io mi sento in tutto il diritto di farlo notare.
La mia è una critica verso l’attuale significato attribuito a quella parola ed è un tentativo di mostrare come l’evoluzione del termine abbia favorito certi settori e penalizzato altri.
Perché quest’analisi/critica è necessaria?
Il motivo che mi ha spinto a scrivere Into the Analysis non è sicuramente quello di porre me stesso su un piedistallo e di insegnare alle persone come scrivere recensioni o come parlare d’animazione, ne tantomeno quello di tirare frecciate a dei nemici immaginari o a dei specifici creators.
Quando ci chiediamo perché ci sia così poco interesse da parte dello spettatore medio nel comprendere più a fondo l’animazione, dobbiamo a mio avviso accorgerci che essa non viene più recepita come arte da quest’ultimi, ma come un’oggetto da utilizzare e poi gettare via, e ciò è dovuto al fatto che essa viene inevitabilmente trattata allo stesso modo di altri prodotti che con l’arte non hanno nulla a che fare.
In questo modo non ne viene esaltata la bellezza ma ne viene soltanto incitata la visione con l’obbiettivo di fare numeri e soldi.
Non conta che questi la comprendano ma che la guardino.
Il motivo per cui è importante parlare allo spettatore medio in modo chiaro di un’opera è perché è necessario fornirgli la possibilità di comprendere come funziona ciò che sta guardando e dargli l’occasione di appassionarsi al medium; di invogliarlo ad approfondire l’argomento.
Se si descrive invece un’opera d’animazione come “da paura” non si potrà mai fornire allo spettatore ignorante in materia una visione dell’animazione che possa attirare la sua attenzione, e lo si condannerà all’ignoranza.

Sulle conseguenze della mia visione delle recensioni
Seppur convinto che l’animazione abbia bisogno di più recensioni come quelle da me descritte, non posso neanche ignorare il fatto che se vivessimo in un mondo nel quale queste fossero l’unico tipo di contenuti sui cartoni animati accessibile alla massa allora il panorama anime non sarebbe sicuramente dei migliori.
Questo perché se tradotto nel mondo moderno -che io nell’articolo descrivo come dominato dalla velocità di assimilazione di informazioni, semplicità nello stile di redazione e comodità nell’accesso ai contenuti- finirebbe per collassare e per non trovare spazio, o magari lo troverebbe all’interno di una nicchia.
La soluzione è a mio avviso quella di educare il lettore, ma non sull’animazione e su come funzioni (quello non è lo scopo di una recensione), ma sul come dovrebbe usufruire dei contenuti. Bisogna abituarlo alla complessità delle cose.
Se tornassimo indietro ed imparassimo a comprendere l’importanza di approfondire e che non esistono soluzioni ne spiegazioni semplici allora cresceremmo tutti ed impareremmo a dare il giusto peso e a prendere sul serio ciò che guardiamo.
Questo tipo di recensione da me descritto deve porsi l’obbiettivo di generare curiosità nel lettore e spingerlo ad approfondire sull’argomento, descrivendo l’opera in questione in tutti i suoi aspetti fondamentali in modo chiaro.
Seppur sia vero che questo tipo di recensione non troverebbe spazio sufficiente nell’attuale società, è anche vero che questa può essere cambiata proprio come può essere cambiato il significato della parola “recensione” modificando la concenzione che lo spettatore ignorante d’animazione ha dei cartoni animati.
Cosa intendo per “aspetti fondamentali di una recensione”
La selezione dei criteri fondamentali per comprendere un’opera in generale non è assolutamente fissa ma dipende dall’opera stessa.
L’animazione è un medium legato alla narrazione di una storia e in quanto tale i criteri fondamentali da prendere in analisi (ad esempio nella parte tecnica) per comprenderla sono quelli che meglio la risaltano.
Se per comprendere in generale cosa sto vedendo mi è necessario analizzare il modo in cui la fotografia risalta certi aspetti della storia o dei personaggi attraverso, ad esempio, l’uso dei filtri, allora quello è una parte che non posso non menzionare.
Tutto ciò che non è strettamente necessario a comprenderla è, ovviamente, ben accetto e interessante -nonché fondamentale per coloro che volessero approfondire perché incuriositi dalla recensione- ma, appunto, non strettamente necessario.
Sempre prendendo l’esempio della recensione da me menzionata: l’obbiettivo dell’autore è quello di dirigersi alle persone che non hanno visto l’opera trattata, e per questo, anche se avrebbe sicuramente potuto approfondire, semplicemente non era necessario farlo.
Si è limitato a menzionare quegli aspetti tecnici che hanno influito sulla storia e a descrivere brevemente il modo in cui l’hanno fatto, sia in positivo che in negativo.
Le conseguenze dell’aver maturato questo pensiero
Se siete tra quelli che producono quei contenuti che io non considero recensioni sappiate che il primo tra tutti a ripudiare la conclusione alla quale sono arrivato sono stato io stesso.
Coloro che seguono il blog sin dalla sua nascita nella scorsa estate sanno perfettamente che questo mio pensiero contraddice palesemente i contenuti che ho pubblicato per tanto tempo, ma non immagino siano a conoscenza del fatto che, così come questo ha contraddetto i miei contenuti, ha contraddetto in primis le basi sulle quali essi si fondavano: il mio modo di giudicare ed analizzare un anime.
La mia più profonda speranza, nel condividere questo pensiero, era quella di generare la stessa reazione che ho avuto io: un’onesta autoanalisi e una serie presa di coscienza riguardo ciò che stiamo facendo online.
Solo così, a mio avviso, noi creators saremo capaci di indirizzare il pubblico nella giusta direzione; in una direzione in cui il mondo possa apprezzare l’animazione in quanto arte e non in quanto oggetto.
Mr. Gozaemon, i tuoi due articoli di analisi e il terzo con la riflessione sui commenti sono davvero interessanti e offrono molti spunti di riflessione… Ma non sono riuscita a trovare i commenti da nessuna parte. Se possibile mi piacerebbe leggerli, sempre che non siano stati eliminati, nel frattempo.
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Ciao Valentina, mi fa piacere esser stato d’aiuto. Per quanto riguarda i commenti ti confesso che la maggior parte sono arrivati in DM sia su Twitter che su Instagram. Ciononostante sul mio profilo Twitter se non erro puoi trovarne alcuni.
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