Ogni 17 luglio un certo Chengxi Huang spegne le candeline. Per festeggiare ho deciso di riassumere la sua emozionante storia e interessante carriera in questo articolo. Prendetelo come un maldestro regalo di compleanno.
Quella con l’animazione è una storia d’amore che per Chengxi Huang inizia all’età di cinque anni. Profondamente invaghito di Dragonball Z, decide di imparare a disegnare i suoi personaggi anime preferiti insieme a suo cugino. Al tempo non se ne era ancora accorto, tant’è che neanche sapeva cose volesse dire essere un animatore, però il mondo dei cartoni animati l’aveva già travolto. Quel giorno infatti non nasce una semplice fissa momentanea, bensì una vera e propria relazione con l’animazione come medium che lo definirà sia come artista che come persona. In fondo stiamo parlando di una persona così profondamente segnata dai cartoni che tutt’oggi continua a trattare gli oggetti come esseri viventi perché rimasto impressionato da Toy Story — questo è il tipo di persona che è Chengxi Huang.
Tempo un anno, comunque, e la decisione era già presa: Huang voleva diventare un animatore. I genitori furono i primi a saperlo, e da quel momento il nostro protagonista ha fatto del suo meglio per raggiungere la sua meta — per seguire la direzione che la sua passione gli indicava.
Passione che l’ha accompagnato anche all’università, alla Guangzhou Academy of Fine Arts, dove ha poi proseguito ulteriormente gli studi per altri quattro anni con il fine di conseguire la laurea magistrale. E l’avrebbe sicuramente ottenuta se non fosse che decise di interrompere tutto e partire per il Giappone.
Perché, vi chiederete voi. Certo, lo studio è importante, però Huang aveva bisogno di stimoli, di lavorare a qualcosa di serio. Finora aveva partecipato ad alcuni progetti per l’università, eppure questi sembravano non essere abbastanza. Per ogni risposta che trovava si aggiungevano altre mille domande e il nostro aspirante animatore aveva bisogno di un ambiente nel quale potersi mettere alla prova. E questo ambiente non poteva che trovarlo in uno di quei paesi in cui l’industria d’animazione è tra le più floride: il Giappone, il posto perfetto per placare la propria sete di conoscenza.
Chiaramente, però, ad aspettarlo sul suolo nipponico non c’erano soltanto nuove ed emozionanti avventure, ma anche tante difficoltà con le quali avrebbe dovuto fare i conti. Andare a vivere in un paese straniero non è certo la cosa più semplice del mondo, tanto meno poi se lo si fa completamente da soli. Ed ecco quindi la sua nuova e pienissima agenda: dal Lunedì al Venerdì lavoro part-time e lezioni di Giapponese, mentre il fine settimana veniva dedicato all’animazione. La situazione dev’esser stata parecchio stressante, ma per la propria passione si fa questo e altro.
C’è da chiarire comunque che Huang non abbandonò effettivamente gli studi, piuttosto riuscì a trovare un posto nel quale mettere in pratica ciò che stava imparando. Stiamo parlando dello studio Candybox, nel quale entrò grazie a dei contatti. Candybox è uno studio di outsorcing e per questo l’esperienza che ebbe lavorando per loro fu tanto formativa quanto faticosa. Se da un lato cambiare continuamente di serie gli permise di adattarsi ai diversi stili degli animatori di cui dovette rifinire le animazioni in 2nd key animation, dall’altro lo privò della possibilità di crearsi dei contatti. Nonostante tutto, però, Huang ricorda con piacere quei momenti. Del resto quello fu il suo vero primo passo nell’industria.
Seppur agli inizi il suo lavoro non gli concedeva molte libertà sul piano creativo, va anche detto che Huang possedeva già una sorta di “stile proprio”. L’aver disegnato sin da bambino gli aveva dato una base di disegno solida e il suo character design, inizialmente ispirato a quello di Akira Toriyama, si adattò lentamente a quello di Masashi Kishimoto. Huang seguiva l’adattamento di Naruto da ben nove anni, e la sua profonda passione per l’opera, ampliata dal forte impatto che alcune specifiche scene dell’adattamento animato ebbero su di lui, l’ha spinto a voler imitare il lavoro degli animatori che gli hanno fatto provare quelle emozioni. Prima di partire per il Giappone neanche conosceva i loro nomi, però una volta arrivato è finalmente riuscito a scoprirli: stiamo parlando di Norio Matsumoto e Hiroyuki Yamashita, due vere e proprie leggende per i fan di Naruto. Il secondo in particolare diventerà con il tempo un vero e proprio punto di riferimento per Huang non solo come artista ma anche come persona. Il nostro animatore cinese, infatti, fatica a trovare il giusto equilibrio tra la sua vita personale e professionale, e quindi trovarsi a lavorare con Yamashita, un tipo estremamente organizzato e attento alla sua salute, non può che averlo ispirato a cambiare le sue abitudini.
Quanto detto finora potrebbe far sembrare la scelta di Huang di gettarsi (quasi) a capofitto nel mondo del lavoro come il frutto di un ragionamento freddo e calcolatore, ed in parte lo è sicuramente. La verità, però, è che dietro di esso si celava anche la speranza di poter mettere le mani su Naruto, la serie che ha sempre amato sin da ragazzino. Ed è proprio questa stessa speranza che, dopo esser stato rifiutato da Production IG, lo fece optare per rimanere a lavorare per Candybox. Il proprietario dello studio, Zhu Xiao, aveva infati alcuni contatti con Pierrot (avendoci lavorato in passato) e alla fine riuscì a far avverare il suo sogno. Nello studio arrivarono dei cut di Naruto da rifinire in 2nd key animation, e la faccia che il nostro Huang può aver fatto possiamo solo immaginarcela. Da quel momento in poi il nostro apirante key animator ebbe la fortuna di lavorare ai cut di Naruto altre due volte (per un totale di tre), e in due di queste tali cut provenivano da episodi diretti dal suo eroe Hiroyuki Yamashita in persona.
“Quando misi le mani sul mio primo cut di Naruto ero così su di giri che iniziai a ballare e cantare. Ho continuato a guardare l’anime per 9 anni […] e adesso ci sto’ lavorando su. Pensarci mi fa venire l’ansia, però allo stesso tempo mi motiva a fare del mio meglio.”
– Chengxi Huang
Certo che comunque Huang è stato anche benedetto da un grande talento, e uno dei primi a notarlo è stato lo stesso Yamashita, che l’ha prontamente portato a bordo e fatto lavorare come key animator per la serie. Huang ha continuato a fare del suo meglio sin da quel momento e nell’episodio 465 di Naruto Shippuden ebbe finalmente la sua prima vera opportunità di brillare. Huang aveva da tempo in mente di implementare nelle sue creazioni il Wing Chun (詠春), un’altra sua grande passione, e gli scontri avvenuti in quell’episodio, originale dell’anime e ambientato in un’epoca antica rispetto a quella attuale, rappresentavano di fatto il palcoscenico perfetto per farlo. Come primo risultato è stato sicuramente parecchio interessante, e sin da quel momento Huang ha dimostrato di avere un grande potenziale. La forza d’impatto dei colpi dei personaggi, creata dagli smear e dalla gestione del timing, viene enfatizzata ancora di più da un character acting capace di veicolare in modo chiaro lo spavento e l’insicurezza che le tecniche di Indra possono far provare.
La sua seconda grande occasione arriva negli episodi successivi (466 – 467), dove lo vedremo lavorare allo scontro finale tra Naruto e Sasuke. Queste due puntate rappresentano a mio avviso il punto chiave della sua carriera per due motivi. Il primo è perché confermano quella che fino all’episodio precedente era solo una supposizione: Chengxi Huang è un animatore che possiede una forte voglia di mettersi costantemente in gioco provando nuove cose — abilità importantissima che lo farà crescere in maniera esponenziale. Partecipando a queste due scene (1 – 2), Huang ha l’occasione di animare tessuti e capelli in volo, e guardate fino a dove l’ha portato quest’esperienza. Il secondo motivo è perché la sua scelta di partecipare a quei cut nello specifico non sono soltanto il frutto della sua volontà di mettersi in gioco, ma anche della sua voglia di lavorare a delle scene nelle quali ci sia una forte componente emotiva. Questa sua intenzione finirà sia col consolidare, con il futuro adattamento di Boruto, il suo nome nei cuori dei fan, che col definirlo come artista vero e proprio. Come lui stesso afferma in un’intervista, il suo obbiettivo come animatore è quello di diventare un ponte — di fungere come strumento per connettere lo spettatore al cartone che tanto ama, ed è proprio in questi due episodi che è possibile accorgersi di questa sua predisposizione per la prima volta. In quella specifica puntata lo farà facendosi aiutare dalla già forte emotività degli eventi, però una volta scomparsa con la fine della serie e con l’arrivo di Boruto il nostro animatore sopperirà a questa assenza facendo evolvere ulteriormente il suo stile.

Huang arriverà, con il tempo, a creare delle scene d’azione capaci tramite la sola animazione di evocare un forte sentimento di nostalgia nello spettatore, riuscendo così a ricollegare i suoi due amati adattamenti. Abbiamo già menzionato la profonda ammirazione che Huang ha sempre provato nei confronti di Hiroyuki Yamashita, e dopo aver realizzato delle ottime sequenze d’azione negli episodi 14 e 23, arriva il momento in cui il nostro portento mette in atto un sentito tributo al suo mentore. Lo sapevate che Yamashita ha animato la famosissima lotta tra Sasuke e Killer B? Bene. Nell’episodio 39 di Boruto, Huang prende spunto da quella lotta per presentarne una sua versione. Persino in campi la cui responsabilità va attibuita altrove, come gli storyboard, è possibile notare una forte somiglianza, però per quanto riguarda Huang è impossibile non notare parecchie similitudini con gli smear e con la coreografia (altro punto importante). Da quel momento in avanti il lavoro dell’animatore sarà pregno di scelte simili, volte a citare il glorioso passato senza però mai farlo in maniera esageratamente nostalgica o fuori luogo e anzi aggiungendoci una propria visione chiara e concisa. Mi azzarderei a definire il suo come una sorta di approccio “romantico” all’animazione, dovuto ovviamente alla sua passione per Naruto, che infatti si farà sempre più chiaro man mano che l’animatore otterrà più influenza sul piano creativo.
E questo ci porta, ovviamente, a Boruto #65 — vero e proprio specchio dell’anima del neo-promosso episode director Chengxi Huang, dove riesce, anche grazie al suo fantastico team, ad unire con sapienza il suo incredibile senso dell’azione all’indelebile impronta che i suoi predecessori hanno lasciato nel franchise e negli spettatori. Huang erediterà nella sua visione di insieme alcuni tratti distintivi di certi animatori importanti per il franchise come l’accentuazione della parlata di Toshiyuki Tsuru (poi ereditata anche da Hiroyuki Yamashita), le bocche del “Re degli smear” Goro Sessha, l’uso di linee nere atte a dividere lo schermo in due, già utilizzate da Yamashita nello scontro finale tra Naruto e Sasuke e anche questo effetto utilizzato sempre da Yamashita.
Huang inserisce alcune delle brillanti idee utilizzate in passato da altri grandi animatori e le contestualizza all’interno della sua propria visione lasciando però comunque parecchio spazio al suo team per esprimersi. Basta osservare le due versioni della lotta tra Naruto e Sasuke contro Momoshiki per accorgersi di quanto Huang riesca ad andare più in la’ del semplice riproporre un’inquadratura iconica di Shippuden. Senza nulla togliere all’emozionante e mozzafiato lavoro di Matsumoto e Naoki Kobayashi nel film, la “versione TV” è molto più difficile da dimenticare. Fino a quel momento il nostro animatore si era dimostrato più che meritevole di ereditare la volontà del suo mentore grazie alle sue ottime animazioni, però chi si poteva aspettare un esordio del genere agli storyboard e in generale alla direzione di un episodio così importante. Insieme all’aiuto di enormi talenti come Gem, Guzzu e tanti altri, Huang è riuscito a creare una vera e propria danza armonica ed elegante che riesce comunque a dipingere l’incredibile forza bruta dei personaggi senza però mai dimenticarsi non solo di cos’è esattamente che rende una scena d’azione interessante, ma anche di porre in evidenza i sentimenti che i personaggi stanno provando durante il combattimento. E per farlo Huang impiega i stessi quirk dei suoi predecessori. Le linee nere usate da Yamashita per separare lo schermo in passato, ad esempio, passano dall’essere un simbolo che unisce Naruto e Sasuke nella loro sofferenza ad uno strumento per dimostrare quanto si stiano divertendo a lottare insieme.
Chengxi Huang riveste e ripropone lo spirito che ha caratterizzato Naruto in Boruto, ponendosi di fatto tra i nomi più importanti e influenti per il franchise e donando a quest’ultimo, insieme all’aiuto di Yamashita, un’anima che altrimenti non possederebbe. Huang è quel Re di cui parlava Asuma, il futuro che bisogna proteggere e coltivare — quella figura capace di ereditare la Volontà del Fuoco di Pierrot e diventare così il furuto Hokage dell’animazione.
Fonti/Approfondimento
“Documentario” su Chengxi Huang
Altro “documentario” su Chengxi Huang