Boruto è davvero un sequel fallimentare?

La nuova generazione del pilastro di Kishimoto ha iniziato la lunga e tortuosa corsa verso i cuori del pubblico partendo da una posizione sicuramente più svantaggiata rispetto a quella del suo predecessore, facendosi carico sia dell’enorme pregiudizio del pubblico che della grossa responsabilità di proseguire una delle storie del mondo anime e manga più conosciute al mondo. A partire dall’epilogo della storia di Kishimoto sono stati parecchi gli spin-off sulla nuova generazione, però possiamo tranquillamente affermare che il reale trampolino di lancio dell’opera verso il mondo mainstream sia stato il film Boruto: Naruto the Movie, rilasciato nel 2015.

La pellicola è stata guardata da tantissime persone, attirando parecchie critiche che, purtroppo, non sono affatto scomparse né con la successiva serializzazione del manga né con l’arrivo dell’adattamento animato di Pierrot. Il sequel è stato recepito come frutto di una manovra di marketing volta a spremere al massimo il successo di Naruto; un disperato tentativo di far soldi che trascura lo sviluppo dei personaggi e delle tematiche trattate in favore di una riproposizione bambinesca dell’opera di Kishimoto che riesce a brillare soltanto grazie allo charm della generazione precedente. Un sequel che infligge il colpo di grazia ad un’opera già fin troppo acciaccata dal passare del tempo. Ma le cose stanno davvero così?

Prima di iniziare ci tengo a chiarire sin da subito che ai fini di questo articolo prenderò in considerazione soltanto l’adattamento animato per una serie di motivazioni. Il manga di Ukyō Kodachi Mikio Ikemoto si concentra maggiormente nel proseguire le avventure del filone principale della storia di Boruto, sacrificando lo sviluppo dei personaggi secondari in favore di quello del protagonista.

E per quanto non mi dispiaccia un approccio del genere, va comunque detto che fiondare degli spettatori pieni di pregiudizi in un mondo che hanno visto per decenni senza preoccuparsi di mostrare il suo cambiamento e soprattutto senza dar loro la possibilità di affezionarcisi è una scelta davvero rischiosa che non ha sicuramente aiutato ad estinguere le critiche all’opera.

L’adattamento animato si prende il suo tempo e soprattutto si dedica al worldbuilding in modo molto più incisivo, preoccupandosi al contempo in maniera costante dello sviluppo dei personaggi secondari e/o comprimari, ai quali verranno persino dedicati interi archi narrativi. Il lavoro agli script della serie è davvero interessante e crea delle storie che, seppure alle volte risultino un po’ lente, riescono sempre ad aggiungere un pezzo importante al puzzle della storia.

Attenzione però: quanto appena detto non va interpretato come un mio tentativo di identificare quale delle due opere sia migliore (anche perché è presto per dirlo), bensì come un ragionamento volto a esplicare il perché della mia scelta. Semplicemente l’anime investe molte più energie nel creare un mondo credibile e, come vedremo, affatto identico a quello di Naruto, risultando quindi nell’opera perfetta da prendere in considerazione per esaminare l’evoluzione del mondo degli shinobi. Inoltre, portare questo tipo di approfondimento sul manga implicherebbe la presenza di spoiler, che finirebbero col rendere questo articolo inaccessibile al pubblico verso cui si dirige.

Dando quindi per scontata una conoscenza approssimativa sugli eventi principali di Naruto nel lettore, e chiarendo che in questo articolo non troverete spoiler significativi sul sequel di Kodachi, addentriamoci nell’universo di Boruto alla scoperta di un mondo che non solo conserva lo spirito del prequel, ma che riesce persino a fargli giustizia dopo tanto tempo!

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La necessità di adattarsi ai tempi ha spinto l’opera a modernizzarsi e in generale ad evolversi in modo da poter intercettare un nuovo pubblico più “fresco”, permettendo allo staff di effettuare delle migliorie qua e là.

Konoha si rinnova esteticamente in svariati aspetti. Tra questi, quello che salta agli occhi per primo è sicuramente la considerevole tecnologizzazione del mondo di Naruto. La scelta di implementare la tecnologia, così come quella di appesantire il ruolo della scienza all’interno della serie, è senza dubbio parecchio interessante e soprattutto affatto sorprendente se consideriamo l’enorme influenza che videogiochi come Shadow Run, Tokyo NOVA e MAGE hanno avuto su Kodachi, o se pensiamo al fatto che il padre sia un fisico.

Il suo arrivo ha modificato radicalmente il Villaggio della Foglia, trasformandolo in una vera e propria area metropolitana con tanto di linea ferroviaria e schermi televisivi enormi. La città ha iniziato ad espandersi persino dietro la montagna degli Hokage e lo sviluppo urbano ha fatto spazio all’inserimento di una grande quantità di palazzi residenziali che hanno favorito l’immigrazione e conferito un look più moderno al tutto.

E di fatto l‘anime si concentra costantemente nel mostrare la città in tutta la sua bellezza, sforzandosi di associare determinati luoghi a dei ricordi ben precisi. Il tetto del Fulmitreno, la panchina sotto l’albero, casa Uzumaki e la cima della montagna degli Hokage sono soltanto alcuni dei posti nei quali vedremo svilupparsi degli avvenimenti che, per carità, spesso non sono neanche legati al filone principale della serie, ma che rappresenteranno comunque un punto di svolta per i personaggi e un riferimento importante per lo spettatore.

I luoghi più iconici della serie, come ad esempio Ichiraku, non si limitano a fungere da strumento attraverso il quale inserire citazioni al passato, bensì si rinnovano e instaurano un nuovo legame con lo spettatore attraverso avvenimenti esclusivi della nuova generazione. Indirizzare i propri sforzi nella creazione di un mondo credibile e soprattutto affascinante permette alla storia di sembrare viva; addolcisce la transizione dal vecchio al nuovo Villaggio della Foglia, permettendo allo spettatore di affezionarsi sin da subito al suo look moderno. Come reagiremmo, mi chiedo, nel caso lo vedessimo di nuovo in macerie?

Insomma, Konoha ha tratto parecchio beneficio dall’avanzamento tecnologico, ma non tutto è oro quel che luccica. Il prolungato periodo di pace ha causato una graduale diminuzione di nuovi studenti per l’area di Ninjutsu dell’Accademia, nella quale è stata inaugurata un’area di studi generale che ha finito per far diminuire gradualmente il numero di shinobi.

L’assenza di sfide motivanti e l’avanzamento tecnologico hanno finito col creare una nuova generazione fin troppo agiata. Dei discendenti che cercano assiduamente la via più semplice e rapida per risolvere i loro problemi, finendo per smarrire il senso del sacrificio che caratterizzava le vecchie generazioni, per smarrire il vero e orribile significato della parola “guerra”, e per limitare il numero di opportunità per fare esperienza in combattimento.

Insomma, la società dell’ormai Citta della Foglia è sicuramente ben più vicina alla nostra, e si trova nel bel mezzo di una forte crescita economica, morale, scientifica (Kodachi ha affermato che arriveranno anche le biotecnologie) e sociale, nella quale iniziano ad esistere cammini alternativi più che validi e molto più invitanti rispetto a quello dello shinobi; una società più aperta alla diversità e alla collaborazione “internazionale”.

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Le donne acquistano finalmente un ruolo determinante che viene affidato sia alle neo-mamme che alla nuova generazione. In quest’ultima è possibile notare un esponenziale aumento di pg femminili di tutto rispetto, ognuno unico e particolare. Personaggi coraggiosi, forti, determinati ed estremamente intelligenti, che durante la serie troveranno lo spazio necessario a dimostrare tutto il loro valore. E il bello è che siamo soltanto all’inizio! Himawari, Sarada, Hanabi e Mirai sono, tra i tanti, dei ninja con un potenziale enorme che troveranno senza dubbio il loro spazio nella serie.

La loro presenza è inoltre un costante rimando al passato, che viene omaggiato attraverso citazioni che però non vengono inserite per mero fanservice, ma che bensì vengono utilizzate per esplorarli più a fondo e per ricercare la linea che li separa dai loro genitori. Vedere, ad esempio, Mirai applicare entrambe le tecniche più iconiche dei suoi genitori (Kurenai e Asuna) a modo suo è semplicemente uno dei doni più belli che si possano ricevere.

Ma questa incontrollabile banda di ragazzine non svolgerà soltanto un compito fine a se stesso, bensì sarà anche uno strumento attraverso il quale riproporre dei personaggi necessariamente tralasciati in Shippuden.

La pesante assenza di Naruto e Sasuke nelle loro rispettive famiglie ha finito per condannare Boruto e Sarada a vivere la propria vita quasi senza di loro, ed è proprio in questo momento che il ruolo di Hinata e Sakura si fa molto più importante e decisivo nel determinare il loro carattere e nell’influenzarne la crescita.

Questa nuova sfida contro la quale la ciurma di mamme dovrà imbattersi sarà per loro un enorme possibilità di crescita che le metterà alla prova più di qualsiasi battaglia abbiano mai affrontato e che soprattutto farà loro giustizia.

Sakura cede il noioso ruolo di supporto morale dei protagonisti e diventa una madre meravigliosa che ricopre un ruolo fondamentale nell’indirizzare Sarada nella giusta direzione e nella crescita di Sasuke come padre. Temari inizia a nascondere il suo lato dolce con più difficoltà ed Hinata trova nel ruolo di madre l’occasione perfetta per sfoggiare la sua innata pazienza e il suo grande senso della responsabilità. Sono le loro le spalle sulle quali regge il peso di tramandare la Volontà del Fuoco e i valori conquistati grazie alla pace, non quelle dei padri.

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L’attuale generazione di personaggi conserva le peculiarità fisiche e caratteriali dei genitori, mescolandole al contempo con dei nuovi tratti caratteristici unici che, se da un lato li rendono simili alla vecchia generazione, dall’altro alimentano sensibilmente le critiche alla serie. I personaggi appaiono come una versione chibi dei loro genitori e prendersi la briga di approfondire e osservarli per bene sembra non essere necessario. La sentenza è già arrivata sin dalle primissime immagini pubblicate: questi nuovi personaggi sono una brutta copia dei loro genitori.

Ma quando poi ci si degna di osservarli per bene ci si accorge immediatamente della differenza. Sarada ha una concezione del termine Hokage completamente opposta a quella di Sasuke, Mitsuki è molto più che una versione meno fastidiosa di Orochimaru e Metal Lee si deve imbattere in problemi del tutto nuovi per un ninja del suo spessore.

Persino il trio Ino-Shika-Cho riesce a distanziarsi da quello precedente in modo sottile ma assolutamente valido. Shikadai ricopre il ruolo di migliore amico del nostro protagonista e si dimostra una persona molto più empatica di suo padre. Nutre un forte interesse per la politica e dà grande importanza alle tradizioni di famiglia, dimostrandosi tutt’altro che una riproposizione scialba dello stereotipo del “genio disinteressato” che invece è il padre.

Inojin è l’esatto opposto di Sai: un personaggio estremamente sensibile e a tratti presuntuoso che si dimostra molto più umano di suo padre e ben più diretto di sua madre. Chōchō affronta i giudizi sul suo peso in maniera del tutto diversa rispetto a Choji, e la vita le insegnerà man mano a fregarsene del giudizio degli altri. 

Lo stesso protagonista è tutt’altro che la copia di Naruto; un personaggio che ha deciso di non voler seguire le orme del padre pur rispettandolo e ammirandolo. Boruto ha la sua strada da seguire, il proprio nindo da trovare e, soprattutto, la propria storia da raccontare.


Ma per comprendere al meglio l’evoluzione di Boruto è necessario rivolgere lo sguardo all’arco di Jugo (#98 – #103), che ci terrei a sottolineare essere un arco originale dell’anime. Un arco che ripesca una delle tematiche più importanti che il manga di Kishimoto ha sviscerato grazie a Naruto: il rapporto dell’uomo con il destino. Ma prima di farlo facciamo un passo indietro.

“Naruto, si può sapere perché ti ostini a lottare contro il tuo destino?”
“Perché il destino di cui parli…io lo posso cambiare!”

– Naruto, episodio 62

Incatenato dal destino e maledetto dal suo stesso Clan, Neji Hyuga si dimostra essere sin dalla sua prima apparizione un personaggio la cui visione del mondo non può far altro che entrare in conflitto con quella di Naruto. Il loro, più che uno scontro nato per dimostrarsi superiori come shinobi, è un confronto attraverso il quale affermare la superiorità delle proprie convinzioni (e non per nulla passano tre quarti del tempo a discutere invece che a menarsi).

Entrambi i personaggi sono stati condannati sin da prima della loro nascita a ricoprire un ruolo ben preciso nella società – un ruolo sin troppo difficile da sopportare. Ed è attraverso i loro due opposti approcci allo stesso problema che Kishimoto cela un profondo insegnamento che non solo solidifica ancora di più le convinzioni di Naruto, ma che soprattutto si pone come base sulla quale verrà costruito il protagonista e l’intero significato della sua storia.

Naruto, del resto, ci narra le avventure di un ragazzo che raggiunge il suo sogno andando contro tutto e tutti, dimostrandosi capace di imparare e crescere grazie ad ogni singolo evento negativo avvenuto nella sua vita; un ragazzo che infrange a suon di positività il destino che invece lo voleva emarginato dal mondo per ragioni che non può controllare.

Ma mentre lui realizza la sua situazione, la rifiuta categoricamente e si impegna per cambiarla, Neji si rassegna e maledice la sua intera esistenza. Si convince che evadere dalla prigione del destino è impossibile, arrendendosi ad una vita che non sopporta e che percepisce come una condanna. Trovarsi di fronte ad una persona che invece lotta per affermarsi e per far valere la sua voce è per lui ridicolo ed inconcepibile.

La sua superbia non gli permette di guardare oltre, ma il confronto con Naruto lo introduce in una mentalità nella quale egli è il padrone della sua vita – gli mostra di poter diventare ciò che vuole. Naruto, a conti fatti, gli insegna ad esser libero.

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Ma il contributo di Neji non finisce certo lì. L’insegnamento che Naruto manda allo spettatore attraverso l’arrivo del personaggio pervade e influenza anche la nuova generazione. E a dimostrarlo c’è persino il nostro nuovo protagonista: Boruto (dall’inglese “bullone”) è infatti la vite (捻子 – Neji) che lega insieme la nuova famiglia Uzumaki.

La stessa esistenza di Boruto è un riferimento al personaggio, che in punto di morte decise di affidare il ruolo di protettore di Hinata che tanto odiava all’unica persona che è riuscita a farglielo accettare: Naruto. Boruto eredita questo compito indirettamente, transformandosi nel collante che tiene uniti Naruto e Hinata.

Questo messaggio di ribellione verso il proprio destino e soprattutto verso le aspettative  che la società ci impone, od il giudizio che emette nei nostri confronti, ritorna nel sequel più forte che mai, rinnovandosi e legandosi ad una nuova tematica vitale per la serie: la genetica.

Un espediente narrativo così banale e irrazionale come quello di un’oca domestica che sarà apparentemente costretta ad abbandonare i propri compagni a causa del fatto che non può più volare, ma che alla fine spicca il volo in tutta la sua maestosità, sconfiggendo le regole insovvertibili della scienza, è un messaggio innocente che ricollega lo scontro tra Naruto e Neji con l’attuale situazione del nostro nuovo protagonista.

Proprio come Naruto, Boruto è determinato a trovare il proprio cammino, un cammino che evade le aspettative imposte su di lui dal suo stesso sangue – dai suoi geni. Essere il figlio dell’Hokage non significa necessariamente dover seguire le sue orme, e seppure la storia rimarchi questo punto fino allo sfinimento, il pubblico continua a non recepirlo.

Se quindi per Naruto sfidare il destino voleva dire cercare il consenso del villaggio, per Boruto vuol dire l’esatto opposto: farsi spazio tra le aspettative del mondo che lo vuol vedere come futuro Hokage per trovare la sua strada.  Boruto: Naruto Next Generations è, come Naruto, una storia che ci narra le avventure di un ragazzino che determinato nel trovare il proprio posto nel mondo, ma il giudizio non deve limitarsi a questo paragone. Quello che conta è tutto ciò che accade nel mezzo e soprattutto il contesto che separa le due storie; un contesto che non deve essere ignorato.

Ed ecco come, a distanza dopo tanto tempo, durante il quale i fan di Naruto sono cresciuti lasciando spazio alla nuova generazione, Boruto si dimostra un’opera che ha ancora qualcosa da dire. Un messaggio forse troppo poco adulto, che ci pone però faccia a faccia contro gli stessi limiti che Naruto ci ha insegnato ad affrontare. Un messaggio che torna ad insegnarci, dopo tanti anni, come volare.

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Infine, rispondiamo alla domanda del titolo. Boruto non è un semplice omaggio a Naruto che ne conserva il core per poi riproporlo invariato, né tantomento un’opera che ripudia le fondamenta sulle quali si basa. Piuttosto è un sequel che riprende la filosofia del suo predecessore e la ripresenta in modo nuovo e diverso, senza però rovinarla. Un’opera che guarda indietro con amore al suo passato e che si sforza diligentemente di colmarne le lacune.

Dare una risposta secca a questa domanda sarebbe fin troppo presuntuoso, ma per adesso mi limiterei ad affermare che l’adattamento animato è sulla buona strada per rivelarsi un sequel di tutto rispetto. Questo vuol dire che piacerà a chiunque e che sia esente dai difetti? Assolutamente no, anzi. Mi azzarderei persino a consigliarne la visione soltanto agli appassionati. L’anime è molto più leggero nelle tematiche trattate, e seppure gli episodi originali siano sempre in grado di aggiungere un qualcosa alla storia sicuramente non riescono a tenere lo spettatore incollato allo schermo come con gli archi narrativi principali.

Se non siete appassionati di Naruto ma questo articolo vi ha invogliato ad addentrarvi nel mondo dei ninja, il mio personale consiglio sarebbe quello di iniziare con il manga. Come ho già detto è un fumetto molto sbrigativo ma fornisce sicuramente un’ottima dose di combattimenti interessanti. Se quindi questo vi piacesse e riuscisse ad invogliarvi ad approfondire, l’anime è sicuramente la migliore delle scelte per farlo.


Fonti:

Intervista a Kodachi

Intervista a Kishimoto

https://www.reddit.com/r/Boruto/

https://naruto.fandom.com/wiki/Narutopedia

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