Dopo ben 10 travagliati anni di produzione (o forse no), il 21 Gennaio 2019 è stata trasmessa in prima serata su Canale 5 la prima e attesissima (ma non per i motivi giusti) puntata di Adrian – La serie evento, opera auto celebrativa scritta e diretta da Adriano Celentano. Se avete visitato qualsiasi social network nell’arco degli ultimi giorni avrete sicuramente notato la quantità di giudizi, meme, articoli e recensioni su Adrian sfornate praticamente da chiunque; tutte ad evidenziare l’evidente casino combinato dallo staff con il reparto tecnico del cartone animato. Il discorso che voglio fare in quest’articolo, però, prescinde dall’analisi tecnica della serie (che a mio avviso si giudica da sola), ma sarà incentrato sul deprimente scenario dell’animazione italiana (e sull’animazione in italia) che Adrian evidenzia con il suo rilascio.
Milano nel 2068 e l’italia nel 2019
Decidendo di ignorare la discutibile decisione della Mediaset di mandare Adrian in onda in prima serata nonostante la forte presenza di contenuti affatto family friendly (tentativi di stupro, scene di sesso e abbondante nudità), quando poi ci ritroviamo costretti ad aspettare fino a tarda serata per guardare una serie come Lupin III – Parte V, in cui la scena più spinta che possiamo osservare è quella in cui Fujiko sta al mare in bikini, non posso comunque non far notare come negli ultimi giorni si siano verificati degli avvenimenti ben più gravi. Il primo è l’utilizzo non autorizzato dei contenuti di alcuni YouTubers famosi che la Mediaset ha utilizzato e manipolato per trasmettere questo servizio (che inizia a 23 minuti), nel quale osserviamo come alcune affermazioni degli YouTubers in questione siano state prese fuori contesto ed utilizzate per disinformare il pubblico. Il secondo avvenimento è quello ancora più ingiustificabile: possiamo osservare come il video che il canale YouTube AnimeeMangaITA ha fatto su Adrian, nel quale Italo Scanniello avanza la teoria secondo cui Adrian sia stato in realtà prodotto in un anno, sia stato brutalmente censurato dalla Mediaset “per l’utilizzo di clip protette da copyright”, clip che però sono state usate in tantissimi altri video che, al contrario, non sono stati tirati giu.
Escludendo l’impossibile scenario nel quale alla Mediaset abbiano tirato il dado per scegliere a caso un video da buttare giu e che questo video sia stato proprio quello di Italo, mi viene da pensare che forse quelle fatte nel video in questione erano più che supposizioni infondate.

Seppur io non sia un’esperto d’animazione posso affermare che la teoria avanzata da Italo è assolutamente plausibile in quanto fa leva sull’assoluto silenzio portato avanti dalla televisione riguardo la produzione Adrian prima del 2018 e sul travagliato processo di produzione della serie ingenuamente palesato con l’affermazione “più di tre mila animatori impiegati per la realizzazione dell’opera”, che altro non è, proprio come dice Italo, se non la dichiarazione delle difficoltà a cui lo staff è andato in contro per realizzarla.
L’obbiettivo di quest’articolo, però, non è avanzare delle accuse alla Mediaset, ma quello di generare una riflessione basata sul seguente ragionamento: l’atteggiamento che la Mediaset ha verso gli spettatori, così come la sensazione di intoccabilità che trasmette agli YouTubers e la semplicità con cui cerca di prendere per i fondelli l’Italia sono proprio gli stessi meccanismi che ritroviamo nelle azioni di governo della Milano futuristica raccontata in Adrian (seppure nel cartone di Celentano siano state estremizzate e raccontate come il complotto dei poteri forti).
Così come il governo in Adrian manipola i telegiornali per trasmettere un messaggio a loro conveniente, la Mediaset estrae delle clip da alcuni video di YouTubers importanti e le decontestualizza per trasmettere un messaggio completamente diverso da quello che gli YouTubers in questione volevano inviare ai loro spettatori e che, guarda un po’, a loro conviene.
Quest’atteggiamento di censura e di manipolazione dei contenuti dimostra che l’Italia rappresentata da Celentano, ovvero quella che critichiamo in quanto ritenuta da noi implausibile e lontana dalla realtà, ci è più vicina di quanto possiamo immaginare. Ciò che facciamo è ignorarla per poi scandalizzarci quando essa si ripresenta brutalmente cercando di entrare a contatto con il nostro mondo, fallendo miserabilmente.
Di fatto questi tentativi, così come il tentativo di Celentano di rappresentare l’Italia nella quale lui non vorrebbe vivere, sono fallimentari in quanto rappresentano un paese che per noi giovani è ormai superato, ma che per lui (e per la sua generazione) è ancora parte del presente.
Adrian non è un’opera adatta ad essere guardata dalla nostra generazione in quanto essa è il riflesso delle paure e della visione dell’Italia che hanno gli italiani della sua età e che sono disconnessi da internet, quell’Italia in cui è molto più presente il razzismo e la xenofobia, quella in cui le donne non sono viste allo stesso modo dell’uomo e quella in cui l’avanzare della tecnologia e della modernizzazione è un male da abbattere a tutti i costi.
Attenzione però: con questo non sto affermando che nelle community online italiane non siano presenti fenomeni come il razzismo, la xenofobia o il sessimo, ma che sono definitivamente presenti in minor rilievo e quantità, in quanto queste community sono popolate da persone relativamente più giovani che sono cresciute in un contesto sociale sicuramente più “aperto” alla diversità rispetto alle generazioni precedenti.
Allo stesso modo non sto neanche sostenendo l’esistenza di un possibile legame tra l’età di una persona ed il razzismo, ma sto semplicemente affermando che, da quello che ho potuto osservare, nel nostro paese è molto più probabile incontrare un adulto razzista che un giovane razzista, e dato che il nostro paese è costituito in maggior parte da vecchi il risultato è quello che è.
Mediaset, che altro non è che il simbolo dell’intrattenimento fatto dai vecchi per i vecchi, non può che calzare a pennello nella descrizione che Celentano, un anziano le cui opinioni sono anziane, ha del nostro paese.
Non può che comportarsi in questo modo e rappresentare perfettamente tutto ciò che va contro l’avanzare della cultura dell’animazione in Italia e non può che prendere tutte le decisioni più nocive per il settore in quanto non comprende ciò che piace alle nuove generazioni proprio perché parte integrante della vecchia.
Allo stesso modo la totale mancanza di comprensione di Celentano verso il pensiero contemporaneo, insieme all’arroganza di assumere svariati ruoli senza possedere le capacità necessarie a creare un qualcosa di anche minimamente presentabile, si riflettono inevitabilmente sul suo cartone animato, riuscendo ad oscurare l’eccellente lavoro svolto da nomi illustri italiani come Piovani e Cerami, e presentando una sceneggiatura che nasce già scaduta, vecchia e superata.
In fondo, Adrian – La serie evento non è null’altro che la trasposizione animata del testo di una delle canzoni più iconiche e anche scadute ideologicamente di Celentano: il ragazzo della via Gluck.